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Terapia cognitivo-comportamentale: i principi e l'utilità per migliorare la qualità della vita


Per migliorare la qualità della loro vita alcune persone decidono di ricorrere alla terapia di uno psicologo. L’aiuto di uno specialista, infatti, può essere utili a tutti, grandi e piccoli, per comprendere, innanzitutto, certe dinamiche dei nostri comportamenti, le ragioni di ciò che viviamo e, di conseguenza, come intervenire su noi stessi per stare bene.

Ciò che vediamo e, di conseguenza, le nostre risposte e gli atteggiamenti che adottiamo dipendono sostanzialmente da come interpretiamo la realtà che ci sta attorno. Il punto di vista è la chiave del nostro comportamento ed è per questo che, per correggerlo e trasformarlo da negativo in positivo, abbiamo bisogno prima di tutto di cambiare sguardo.

La terapia cognitivo-comportamentale si occupa giustappunto di questo: eliminare situazioni di disagio, come attacchi di panico, difficoltà a relazionarsi con gli altri e depressione, attraverso la pratica quotidiana di azioni che ci aiutino a combattere il malessere, fino a debellarlo completamente.

Questo metodo, diffuso tra gli psicoterapeuti, è caratterizzato da obiettivi tangibili, che si possano raggiungere e vedere nel breve tempo dal paziente, che deve avere un ruolo attivo per la conquista definitiva della sua guarigione.

Lo psicologo ha il compito di dare delle indicazioni, non a caso, ma seguendo delle linee guida che si basano su studi clinici e che rendono concreta e affidabile questa metodologia. Il paziente, seguendo queste indicazioni, potrebbe cogliere già da subito dei notevoli miglioramenti e un cambiamento evidente rispetto alla precedente situazione di malessere.

Ma la psicoterapia può essere utile con i bambini?

Ci sono alcuni momenti nella storia di una famiglia, che possono essere complicati e traumatizzanti, sia per i genitori e soprattutto per i figli, che essendo bambini non hanno gli strumenti intellettuali e cognitivi per affrontare determinati eventi come una separazione, un divorzio o la morte di un familiare.

Quindi il bambino potrà presentare dei sintomi che dovranno allarmare e preoccupare e che hanno a che fare con problemi nell’alimentazione o nel sonno o magari potrà manifestare momenti di tristezza prolungati.

In questo senso quindi rivolgersi ad una psicoterapeuta può essere molto utile in quanto ci si potrà affidare a un terapeuta valido, che diventerà un punto di riferimento importante e potrà aiutare il bambino con sedute singole,oppure potrà decidere di lavorare in terapia con i genitori.

Nel primo caso è chiaro che un terapeuta non lavorerà con il bambino in maniera tradizionale, come farebbe con l’adulto, ma lo farà in un contesto più dinamico, creativo e usando come tecniche il disegno, la drammatizzazione e tanto altro.

Nel caso invece di una terapia con i genitori l’obiettivo del lavoro psicologico è quello di aiutarli a vedere le cose sotto un’altra prospettiva e cosi facendo essi impareranno nuovi metodi per porsi in maniera diversa con il figlio.

Questi metodi hanno a che fare sia con il gioco che con nuove capacità di imporre in maniera evolutiva dei nuovi limiti al bambino, nell’ottica di conoscersi e comunicare meglio reciprocamente.