Termotecnica e servizi ecologici

La progettazione di un impianto solare termico


Il sopralluogo

Il sopralluogo è il primo passo nella progettazione di un impianto solare termico. Esso si prefigge essenzialmente tre scopi:

1 analizzare in dettaglio le esigenze dell'utenza per stimare i consumi di calore;

2 esaminare la possibilità di ridurre tali consumi mediante interventi di risparmio energetico;

3 verificare la fattibilità logistica dell'impianto, con particolare riferimento alla collocazione dei collettori.

Analisi dei consumi dell'utenza

Il punto 1 risulta essenziale per la corretta progettazione dell'impianto. Una stima esatta dei consumi di calore consente, infatti, il dimensionamento del sistema solare per soddisfare i bisogni dell'utenza senza sprecare l'energia proveniente dal sole che, visti gli attuali costi sul mercato dei sistemi in grado di "catturarla", deve essere considerata estremamente preziosa. Due sono i metodi mediante i quali l'incaricato del sopralluogo può valutare i consumi di energia termica di un'utenza:
a) partendo dalle bollette energetiche degli anni precedenti; b) partendo dalle abitudini di consumo degli utenti.
Il metodo a), soprattutto se sono disponibili informazioni su più di un anno di esercizio, ed è quindi possibile ottenere dati medi, fornisce indicazioni precise sui consumi mensili, dal punto vista sia energetico sia economico. Le bollette a cui bisogna fare riferimento sono quelle dei combustibili che alimentano la caldaia (solitamente metano e quella elettrica nel caso di riscaldamento dell'ACS mediante scaldabagno a resistenza. È opportuno che le bollette vengano richieste al committente prima del sopralluogo, in modo che il progettista, durante la sua visita' possa già avere un'idea delle caratteristiche dell’utenza che dovrà analizzare.

Ci sono due problemi a cui è necessario porre attenzione alla stessa stregua della progettazione impianti fotovoltaici. Prima di tutto, nella stima dei consumi bisogna considerare l'eventuale cambiamento delle utenze rispetto al periodo al quale si riferiscano le bollette. Tale cambiamento può essere dovuto, ad esempio, all'aumento del numero dei punti doccia in un centro sportivo o all'incremento dei residenti in una abitazione. In questo caso il metodo al deve "appoggiarsi" al metodo b, necessario per valutare l'aumento (o la riduzione) della richiesta di calore, poiché i nuovi consumi non sono contenuti nelle vecchie bollette. Potrebbe essere problematico, inoltre, separare, a partire dalle bollette, i consumi per l'acqua calda sanitaria da quelli per il riscaldamento degli ambienti, nel caso in cui ambedue siano soddisfatti da una stessa caldaia. Le soluzioni, in questo caso,
sono le seguenti:
- ricorrere a dati reperibili in letteratura per capire, a seconda della tipologia dell'utenza, quale quota del consumo totale sia rappresentata dalla produzione di ACS;
- scegliere esclusivamente il metodo b) per la stima dei consumi.

La divisione dei consumi totali di calore tra acqua calda e riscaldamento dipende da numerosi fattori, tra i quali: la taglia dell'edificio, il grado di isolamento termico dello stesso, eventuali sistemi passivi di captazione della radiazione solare, la presenza di sorgenti interne di calore p. es. computer, televisori accesi o gli abitanti stessi, il numero e le abitudini degli abitanti. Solitamente si valuta che il consumo di energia termica per la produzione di ACS vada dal 10 al 30 del totale (che comprende anche il riscaldamento degli ambienti. Se, invece, la produzione di ACS viene effettuata per via elettrica, ancora una volta non è possibile individuare il contributo dello scaldabagno sul consumo totale ed è allora consigliabile adottare direttamente il metodo b.

Il metodo b si basa sull'analisi delle abitudini di consumo degli utenti. Si consideri, ad esempio, un'applicazione residenziale in cui il sistema solare debba produrre ACS. È necessario allora stimare i consumi per l'igiene personale ed il lavaggio piatti. Una prima possibilità, corrispondente ad un livello più grossolano di calcolo, è quella di assumere un valore rappresentativo del consumo giornaliero di acqua calda per persona, ricorrendo a dati di letteratura. Tale consumo varia tra 35 e 75 litri/giorno/persona, considerando docce e lavaggio piatti. Il valore minimo corrisponde ad un livello di comfort basso, mentre il valore più alto è rappresentativo delle abitudini italiane medie.

Questo dato va interpretato in modo critico ed eventualmente corretto a seconda dei casi: il fabbisogno di ACS (acqua calda sanitaria), ad esempio, per un bagno in vasca, è notevolmente maggiore rispetto all'acqua calda necessaria per una doccia. Per raffinare il calcolo e renderlo maggiormente aderente al profilo di consumo dell’utenza che si sta analizzando, si possono valutare in dettaglio le abitudini dei singoli utenti e stimare gli sprechi, come ad esempio migliorando la coibentazione dei tubi, posizionando correttamente i termosifoni, incrementando il grado di isolamento delle pareti dell'edificio, o ancora prevedendo infissi particolari e doppi vetri.

Con la collaborazione degli utenti finali, però, si può fare ancora di più, agendo, come già osservato, a livello della domanda. Si può allora cercare di limitare le abitudini di elevato consumo (come il bagno in vasca al posto della doccia) oppure cercare di evitare sprechi (ad esempio, non lasciare aperti i rubinetti). Il progettista non può però pretendere, ne è suo compito, di rivoluzionare le abitudini degli utenti e, anche da un punto di vista di immagine, non è certo auspicabile che gli impianti solari siano associati ad una riduzione delle comodità degli utenti.