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Retorica: cos'è la captatio benevolentiae

Ai tempi degli oratori della Roma antica, uno dei pilastri dell’arte oratoria secondo Marco Tullio Cicerone era la cosiddetta captatio benevolentiae. Si tratta di una tecnica retorica che corrisponde all’atteggiamento di chi, attraverso la propria eloquenza e la propria saggezza, tenda di ottenere la benevolenza del proprio interlocutore o dei propri interlocutori. Va detto, per altro, che la captatio benevolentiae ha una rilevanza e un significato importanti anche a livello giuridico: essa, infatti, corrisponde alla capacità di condizionare il giudizio (o voto) del cittadino in virtù del ruolo che si ricopre all’interno delle istituzioni.

La captatio benevolentiae come strumento di influenza del voto

In altri termini, nel caso in cui si parli di captatio benevolentiae in un contesto politico, si fa riferimento al desiderio o alla capacità di condizionare il voto e le opinioni di qualcuno approfittando di una posizione di vantaggio di cui si può godere. Tornando alla retorica, però, vale la pena di citare esempi positivi: uno tra i tanti è quello che viene offerto da Arthur Schopenhauer, il filosofo tedesco che si è avvalso di tale metodo nella sua opera intitolata “L’arte di ottenere ragione”. Secondo Schopenhauer, la captatio benevolentiae è uno dei 38 stratagemmi che contraddistinguono la dialettica eristica.

La captatio benevolentiae oggi

Al giorno d’oggi, questa espressione viene utilizzata nel parlare quotidiano quasi sempre in maniera ironica e in contesti scherzosi per mettere in evidenza il tentativo da parte di chi parla di ottenere la condiscendenza, la simpatia e il favore dei propri interlocutori attraverso la dialettica. Questa locuzione latina stando alla retorica ecclesiastica antica era una delle parti dell’orazione che serviva a ottenere la benevolenza di chi stava in ascolto.

Da dove deriva questa espressione

La parola “captatio” proviene dal verbo “capio”, che ha diversi significati, tra cui “afferrare” o “cercare di prendere”. Da un punto di vista letterale, quindi, la captatio benevolentiae consiste nel tentativo di conquistare la simpatia di qualcuno. In concreto, è l’atteggiamento di chi utilizza belle parole, se non addirittura raggiri o comunque moine, allo scopo di ottenere la condiscendenza o di arrivare a un comportamento benevolo di chi ascolta. La captatio benevolentiae nella retorica rappresenta la prima parte di un componimento, cioè quella che ha l’obiettivo di attirare l’attenzione dei lettori o degli ascoltatori in modo da predisporli in senso positivo. Anche la lettura cavalleresca ha fatto ampio ricorso a tale figura retorica.

Perché viene usata la captatio benevolentiae

Si impiega tale formula nel parlare comune quando si ha la necessità di indicare l’atteggiamento di una persona che si serve di blandizie o di raggiri per conquistare le simpatie del proprio interlocutore. A seconda dei casi, la captatio benevolentiae si può concretizzare in belle parole o in dichiarazioni di affetto simulate. In qualsiasi circostanza, l’obiettivo è quello di ottenere un certo vantaggio, che a seconda dei contesti può essere rappresentato dalla ricerca di consensi o comunque di un atteggiamento di condiscendenza e di benevolenza da parte degli interlocutori.

Le lusinghe della captatio benevolentiae

Dal punto di vista politico, nella casistica della captatio benevolentiae rientrano le varie promesse e le diverse lusinghe che le forze politiche organizzate e i candidati mettono in atto per essere votati. Promesse che, ovviamente, non è detto che vengano onorate. Appare evidente, quindi, che la captatio benevolentiae si manifesta in modo particolare in tempo di elezioni: vorrebbe essere uno strumento di persuasione del cittadino per ottenere il suo voto.

L’ambito testamentario

Un altro ambito in cui si parla di captatio benevolentiae è quello testamentario. Si ha a che fare, in questo caso, con una tecnica a cui si ricorre con una certa frequenza al fine di condizionare il de cuius in modo da essere nominati suoi eredi. Tali atteggiamenti di affettuosità e piaggeria non costituiscono un reato, e quindi non compromettono la validità di un testamento che viene redatto in conseguenza di essi. L’assoluto rispetto della volontà del testatore, infatti, è il punto di partenza di cui tenere conto. Se la captatio benevolentiae è stata esercitata sotto forma di sollecitazioni, di suggerimenti, di richieste o di blandizie, non ci sono motivi per sostenere il dolo della disposizione testamentaria. Altro discorso va fatto quando vengono adoperati mezzi fraudolenti veri e propri che servono a trarre in inganno chi deve compilare il testamento, magari approfittando del suo stato di salute o della sua età.

La captatio benevolentiae nella quotidianità

Anche se è una tecnica per lo più utilizzata per parlare in pubblico, tutti noi ci serviamo, in modo più o meno frequente, della captatio benevolentiae anche se forse non ce ne rendiamo conto. Lo facciamo, per esempio, quando vogliamo esprimere una critica a una persona che conosciamo e, prima di farlo, circuiamo il nostro interlocutore con complimenti. Insomma, è un modo per indorare la pillola, o per spargere un po’ di zucchero sul bordo di un calice amaro.

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