SANITA' - Farmacie: Italia fuori da condizioni Ue . IM-IMPRESAMIA - Roma (RM)

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pubblicato il 1/06/2010

SANITA' - Farmacie: Italia fuori da condizioni Ue



Il Movimento Nazionale Liberi Farmacisti ritiene che l’Italia sia già fuori dalle quattro condizioni indicate dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea che si è espressa rispetto alla domanda pregiudiziale del Tribunale delle Asturie (Spagna) sui criteri d apertura delle farmacie. La causa aveva avuto origine da due farmacisti spagnoli, José Manuel Blanco Pérez e María del Pilar Chao Gómez, che si erano opposti alla legislazione del Principato delle Asturie (Spagna) non volendosi assoggettare alla pianificazione territoriale prevista. Il Tribunale aveva poi inoltrato una domanda pregiudiziale alla Corte di Giustizia chiedendo di esprimersi sulla liceità della legge rispetto alla libertà di stabilimento prevista dal Trattato Ue. La Corte, esprimendosi negativamente sui criteri di valutazione dei candidati perché discriminatori, ha contestualmente indicato quattro criteri di valutazione per l’applicazione dei criteri di pianificazione territoriale delle farmacie.
Questi criteri - secondo il MNLF - se applicati all’Italia, porrebbero la legislazione italiana fuori dal Trattato dell’Unione europea. "La legislazione spagnola - ha spiegato il presidente Vincenzo Devito - prevede una farmacia ogni 2800 abitanti, e malgrado ciò la Corte ha chiesto al giudice nazionale di verificare se i criteri applicati siano o meno discriminatori. In Italia abbiamo una farmacia ogni 5mila abitanti nei comuni con meno di 12500 abitanti e una ogni 4mila nei comuni con più di 12.500 abitanti. E’ del tutto evidente - ha poi aggiunto - che stiamo parlando di livelli di pianificazione assai più restrittivi di quelli spagnoli presi in considerazione dalla Corte di Giustizia. Inoltre, la stessa Corte ha definito discriminatori i meccanismi con cui vengono assegnate le farmacie nelle Asturie, meccanismi diversi - ha spiegato - che in Italia favoriscono nella valutazione del punteggio per l’assegnazione delle farmacie a chi è già stato titolare della stessa. I nostri avvocati analizzeranno la sentenza con maggiore attenzione, ma una cosa è certa - ha detto in conclusione Devito - le proposte di controriforma presenti nel Parlamento Italiano sono tutte contro questa sentenza e noi faremo in modo che anche la legislazione italiana sulle farmacie sia sottoposta al giudizio europeo".
La normativa nazionale spagnola subordina l’apertura di una nuova farmacia al rilascio di una previa autorizzazione amministrativa. Questa normativa viene attuata dalle comunità autonome che fissano criteri precisi per l'autorizzazione stessa. Nel 2002, la Comunità autonoma delle Asturie (Spagna) ha bandito una gara per il rilascio di licenze per l’apertura di nuove farmacie, basandosi sul decreto delle Asturie che disciplina le farmacie ed i servizi farmaceutici. Tale decreto istituisce un sistema di autorizzazione che limita il numero delle farmacie di una certa zona in funzione della popolazione della stessa (può essere aperta, in via di principio, una sola farmacia ogni 2 800 abitanti e un’ulteriore farmacia può essere aperta solo quando tale soglia è superata, comunque per moduli superiori a 2mila abitanti). Il sistema vieta inoltre l’apertura di una farmacia a meno di 250 metri da un’altra. Infine, il decreto fissa i criteri che consentono di operare una scelta tra farmacisti concorrenti, attribuendo punti in funzione dell’esperienza professionale e didattica dei candidati. José Manuel Blanco Pérez e María del Pilar Chao Gómez, entrambi farmacisti laureati, intendono aprire una nuova farmacia nelle Asturie, senza tuttavia essere assoggettati al regime di pianificazione territoriale derivante dal decreto delle Asturie. Di conseguenza, essi hanno presentato un ricorso contro il bando della gara indetta dalle Asturie e contro il decreto. Nutrendo dubbi sulla compatibilità del decreto delle Asturie con il principio della libertà di stabilimento sancito nel Trattato UE, il Tribunal Superior de Justicia de Asturias (Spagna), cui è stata sottoposta la controversia, si è rivolto alla Corte di giustizia.
Le condizioni attinenti alla densità demografica e alla distanza minima tra le farmacie: nella sentenza la Corte ritiene che le condizioni attinenti alla densità demografica e alla distanza minima tra le farmacie fissate dal decreto delle Asturie (ossia, un numero minimo di 2 800 o 2 000 abitanti per farmacia e una distanza minima di 250 metri tra le farmacie) costituiscano una restrizione alla libertà di stabilimento. Tuttavia, la Corte ricorda che siffatte misure possono essere giustificate, purché soddisfino quattro condizioni: esse devono trovare applicazione in maniera non discriminatoria, devono essere giustificate da motivi imperativi di interesse generale, devono essere atte a garantire la realizzazione dell’obiettivo perseguito e non devono andare oltre quanto necessario al raggiungimento dello stesso. Innanzitutto, la Corte constata che le condizioni attinenti alla denstà demografica e alla distanza minima tra le farmacie nella regione si applicano senza discriminazione relativa alla cittadinanza.Inoltre, la Corte ritiene che l’obiettivo delle restrizioni demografiche e geografiche fissate dal decreto delle Asturie miri ad assicurare alla popolazione una fornitura di medicinali sicura e di qualità. Pertanto, questo obiettivo costituisce un motivo imperativo di interesse generale, che può giustificare una normativa quale quella di cui trattasi nella causa.
Per la Corte la normativa delle Asturie è idonea a garantire tale obiettivo. Infatti, non si può escludere che, in assenza di qualsiasi regolamentazione, i farmacisti si concentrino nelle località reputate attraenti, di modo che talune altre località meno attraenti si ritroverebbero un numero di farmacisti insufficiente per assicurare un servizio farmaceutico sicuro e di qualità. La Corte esamina peraltro la coerenza della normativa delle Asturie con l’obiettivo di garantire alla popolazione un approvvigionamento di medicinali sicuro e di qualità. A tal riguardo, essa rileva che l’applicazione uniforme delle regole di base (2 800 abitanti e 250 metri tra farmacie) fissate dal decreto delle Asturie rischia di non assicurare un accesso adeguato al servizio farmaceutico in zone che presentano talune particolarità demografiche. Infatti, in primo luogo, se la condizione del numero minimo di 2 800 abitanti fosse immancabilmente applicata, in talune zone rurali la cui popolazione è generalmente disseminata e meno numerosa, taluni abitanti si troverebbero al di fuori della portata locale ragionevole di una farmacia e sarebbero così privati di un accesso adeguato al servizio farmaceutico. In secondo luogo, in talune zone a forte concentrazione demografica, l’applicazione restrittiva della condizione della distanza minima di 250 metri tra le farmacie rischierebbe di condurre ad una situazione in cui il perimetro previsto per una sola farmacia includerebbe più di 2 800 abitanti.
La Corte ricorda che il decreto delle Asturie dà esecuzione alla normativa nazionale e rileva che quest’ultima prevede talune misure di adeguamento che consentono di attenuare le conseguenze di applicazione della regola di base di 2 800 abitanti. Infatti, secondo la normativa nazionale, le comunità autonome possono stabilire moduli di popolazione inferiori a 2 800 abitanti per farmacia per le zone in cui, a causa delle loro caratteristiche, l’applicazione dei criteri generali non consente di rendere una farmacia situata in una tale zona particolare più accessibile al segmento della popolazione che vive nei dintorni. Inoltre, secondo la detta normativa nazionale, le comunità autonome possono autorizzare, in funzione della concentrazione della popolazione, una distanza tra le farmacie inferiore a 250 metri e aumentare in tal modo il numero di farmacie disponibili nelle zone ad altissima densità demografica. La Corte ritiene che spetti al giudice nazionale verificare se le autorità competenti facciano uso della facoltà concessa dalla normativa nazionale in ogni zona geografica con particolari caratteristiche demografiche.
Infine, la Corte ritiene che la normativa delle Asturie non ecceda quanto necessario per raggiungere l’obiettivo perseguito di assicurare un approvvigionamento in medicinali della popolazione sicuro e di qualità. Di conseguenza, la Corte conclude che le condizioni attinenti alla densità demografica e alla distanza minima tra le farmacie stabilite dal decreto delle Asturie non si oppongono alla libertà di stabilimento, fintantoché le regole di base di 2 800 abitanti o di 250 metri non impediscono, in ogni zona geografica con caratteristiche demografiche particolari, l’apertura di un numero di farmacie sufficiente per assicurare un servizio farmaceutico adeguato, cosa che spetta al giudice nazionale verificare.
I criteri di selezione di titolari di nuove farmacie fissati con il decreto delle Asturie: in via preliminare, la Corte ricorda che la libertà di stabilimento richiede che i criteri applicabili nell’ambito di un regime di autorizzazione amministrativa non siano discriminatori. Su tale punto, la Corte rileva che, in forza del decreto delle Asturie, i meriti professionali relativi all’esercizio della professione conseguiti nel territorio della comunità autonoma delle Asturie vengono maggiorati del 20%. In secondo luogo, secondo questa normativa, allorché diversi candidati totalizzano lo stesso numero di punti, le autorizzazioni vengono concesse secondo un ordine che dà la precedenza a talune categorie di candidati. In terzo luogo tra queste categorie figurano i farmacisti che hanno esercitato la loro attività professionale nella Comunità autonoma delle Asturie. La Corte ritiene che questi due criteri siano più facili da rispettare per i farmacisti nazionali, i quali esercitano la loro attività economica il più delle volte nel territorio nazionale, che per i farmacisti cittadini di altri Stati membri, i quali esercitano quest’attività più frequentemente in un altro Stato membro. Di conseguenza, la Corte conclude che questi due criteri di selezione hanno un carattere discriminatorio e pertanto sono incompatibili con la libertà di stabilimento.
Il rinvio pregiudiziale consente ai giudici degli Stati membri, nell'ambito di una controversia della quale sono investiti, di interpellare la Corte in merito all’interpretazione del diritto dell’Unione o alla validità di un atto dell’Unione. La Corte non risolve la controversia nazionale. Spetta al giudice nazionale risolvere la causa conformemente alla decisione della Corte. Tale decisione vincola egualmente gli altri giudici nazionali ai quali venga sottoposto un problema simile. ( Per approfondire)
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