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Perché scrivere un blog di viaggi in Italia oggi ha ancora un senso?

Fino a una decina di anni fa la professione del blogger quasi non esisteva. Oggi sempre più persone si definiscono tali: che vivano dei guadagni generati dal loro blog o di altro non importa, perché ciò che conta è l’etichetta che ci si appiccica addosso. Impazzano i blogger di cucina, di moda, di fotografia e ancora di più quelli di viaggio.

Basta prenotare un weekend a Valencia per aprire un sito e una pagina Instagram e professarsi grandi viaggiatori.

E allora ci chiediamo, oggi che tutto il mondo sembra perfettamente mappato, ha ancora senso aprire un blog di viaggi nel 2020?

La risposta è sì.

Perché, vi starete chiedendo, dovremmo ancora impegnarci a scrivere di travel quando il settore sembra essere completamente saturo? La risposta è la più semplice che possiate immaginare: perché saturo non lo è affatt.

Negli ultimi anni sono stati aperti centinaia di blog di viaggi tutti uguali, dove troverete articoli fatti con lo stampino, con titoli che recitano “cosa vedere a Praga”, “le dieci cose da non perdere a Parigi”, “quali sono i libri per veri viaggiatori”. E così via.

Certamente delle principali mete europee, asiatiche e statunitensi hanno scritto tutti, ma di cosa hanno parlato? Sempre e solo di quelle quattro “cose in croce”. Si citano sempre i soliti musei, le solite chiese (o templi che siano) e itinerari. Nessuno (o meglio, pochi, pochissimi) che si sforzi di approfondire. Ed ecco allora che la scrittura di viaggio si appiattisce, non diventa affatto interessante e soprattutto i blog sono davvero poco utili.

Perché? Ancora una volta la risposta è semplicissima: quasi tutti i blogger di viaggio italiani non viaggiano. Fanno tre o quattro weekend all’anno in qualche città europea, magari una settimana in una meta al caldo d’inverno e le classiche due settimane di vacanza estive.

Ma si può realmente scrivere di viaggio se per la maggior parte del tempo si sta a casa? Avete mai sentito di un critico cinematografico che non guarda film? O di un giornalista musicale che non ascolti musica?

Scrivere di viaggio significa prima di tutto avere il piacere della scoperta: ma scoprire, approfondire, indagare, realmente un paese in soli 15 giorni è davvero impossibile. Non si riesce a entrare nella cultura di un posto se ci si sposta ogni giorno, se si dedicano 24 ore alle principali destinazioni turistiche e non si fa altro.

Il blogger di viaggio deve viaggiare. Sempre.

E qui viene fuori la professionalità: il blogger di viaggio è pagato per viaggiare, per questo passa mesi in un singolo stato dell’India o in un villaggio nel bel mezzo della giungla amazzonica.

Non ne avete la possibilità ma volete comunque mettervi in gioco? Bene, se per esempio lavorate all’estero, potreste aprire un blog verticale sulla città dove vivete, perché, fidatevi, di siti fatti bene e approfonditi in italiano ce ne sono pochi, pochissimi.

Quindi ancora oggi ha senso scrivere di viaggio proprio perché in tanti lo fanno davvero.

Noi per esempio quando partiamo ci affidiamo sempre agli amici di 2backpack, che sono on the road da oltre tre anni ininterrottamente. E per esempio prima di iniziare a scrivere di “cosa fare e vedere” in una città, ci vivono almeno un paio di mesi. Trovate il loro blog a questo indirizzo.

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