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Business angels per finanziare start up: cosa fanno e come attirare la loro attenzione

Negli ultimi anni anche in Italia si sta diffondendo con successo la figura del business angel, un investitore informale che fornisce capitali, formazione, competenze ed esperienze lavorative alle start up meritevoli.

Parliamo di investitori informali perché, di fatto, non hanno nulla a che vedere con i classici investitori istituzione come le banche e, proprio per questo motivo, non esiste un registro ufficiale dei business angel.

Si tratti, infatti, di individui liberi che per propria scelta decidono di affiancare una start up nel suo processo di creazione e sviluppo, assumendosi in parte anche il rischio d’impresa.

Come fa una start up a sottoporre il proprio progetto ad uno o più investitori informali?

Come premesso in apertura di articolo, non esiste un database nazionale dei business angel ma negli ultimi 20 anni, anche in Italia, sono nate diverse associazioni di angel investor, i cui soci sono appunto investitori non istituzionali.

Basta fare una rapida ricerca su Google per trovarne diverse.

Sul sito ufficiale dell’IBAN, la prima associazione italiana di business angels fondata nel 1999, è possibile presentare il proprio progetto imprenditoriale, che verrà preso in esame dal network degli associati.

Cosa valuta un angel investor prima di scegliere quale start up finanziare

Svolgendo un ruolo di coordinamento, direzione e formazione, un angel investor concentra la sua attenzione su start up che operano in settori di attività di cui è già esperto.

Di solito, infatti, si tratta di ex imprenditori in pensione che intendono mettere a disposizione di giovani neo imprenditori tutta la loro esperienza maturata negli anni.

Non parliamo, quindi, di semplici interessi economici ma spesso l’angel investor supporta con grande passione la start up che ha deciso di appoggiare, diventando un mentore per l’imprenditore e tutto il suo team di collaboratori.

Inutile sottolineare, quindi, quanto sia importante l’elemento fiducia in un contesto del genere.

In quanto investitori, ovviamente, i business angel si attendono un ritorno economico sul loro investimento che, però è ad alto rischio.

Apportando capitali, infatti, entrano in possesso di una quota societaria partecipando ad utili e perdite derivanti dall’attività.

Per limitare il rischio e diversificare, più investitori possono decidere di finanziare una medesima start up dando vita ad una syndacation.

I Consigli per fare colpo su un business angel

Per riuscire con facilità a fare breccia nel cuore e nel portafoglio di un angel investor, è necessario che il progetto imprenditoriale sia presentato in modo ineccepibile e che l’imprenditore ed il suo team, siano in possesso delle competenze base per fronteggiare la sfida.

Se da un lato è vero che gli investitori informali affiancano una start up apportando conoscenze ed esperienza, sono disposti a farlo solo in favore di imprenditori che partono da una base di competenze accettabile.

Redigi un business plan in modo professionale

Il miglior strumento a disposizione di un imprenditore per poter presentare la propria idea di business a potenziali finanziatore è senza ombra di dubbio il business plan.

Si tratta di un vero e proprio piano pluriennale di sviluppo in cui esporre punti di forza e debolezza del progetto.

Insomma un bigliettino da visita che deve presentare l’idea imprenditoriale al meglio, facendo in modo che gli investitori vi si appassionino e decidano di sostenerla.

Data la grande importanza del business plan, è fondamentale che questo prezioso documento venga redatto da un professionista.

A quanto ammonta l’investimento minimo di un business angel

Soprattutto quando agiscono in consorzio tra loro per finanziare una impresa, il capitale apportato da ciascun investitore parte di solito da 5000 euro ma, in linea di massima, non esistono regole a riguardo.

Ogni angel investor può decidere di supportare il progetto in base ai propri mezzi, senza alcun vincolo da rispettare.

Esiste una normativa che disciplina i business angel in Italia?

No, al contrario di ciò che accade in Paesi come gli Stati Uniti o Israele, nel nostro Paese la figura dell’investitore informale non è minimamente disciplinata a livello normativo.

Nel corso del 2019 si sono susseguite diverse voci circa una possibile istituzione di un Registro Ufficiale dei business angel italiani ma tutto sembra essersi concluso con un nulla di fatto.

Eppure il 2019 ha registrato ben 46 milioni di investimenti di angel investor in favore di start up italiane.

Circa la metà degli investimenti ha finanziato aziende operanti nel settore della tecnologia dell’informazione e della comunicazione, mentre la restante parte ha supportato progetti operanti nel campo dei servizi finanziari e del commercio e distribuzione.

L’angel investing in Europa

Se in Italia il fenomeno dell’angel investing si sta particolarmente diffondendo solo negli ultimi anni, nel resto d’Europa la sua crescita è molto più radicata nel tempo.

Già nel 2015, ad esempio, la Gran Bretagna veniva considerata una Nazione di Angel investor, grazie anche all’introduzione di un programma governativo che prevedeva la riduzione fino al 50% delle tasse per gli investitori che decidevano di finanziare una start up.

L’associazione europea a cui bisogna fare riferimento in tema di investimento informali è l’EBAN, nata nel 1999 con il supporto della Commissione europea e di cui fa parte anche l’IBAN, l’associazione di angel investing italiana per eccellenza.

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