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Ansia e paura del fallimento: ne parliamo con la dott.ssa Maria Vittoria Montano

A volte le preoccupazioni per il lavoro possono essere così intense da sfociare in veri e propri stati di ansia. Come rimediare? A tal proposito, abbiamo chiesto consiglio alla dott.ssa Maria Vittoria Montano, psicologa di Pescara.

Qual è il giusto approccio da adottare in presenza di stati di ansia dovuti a problemi sul lavoro?

Il primo suggerimento che mi sento di dare è quello di focalizzarsi sul momento presente: ciò vuol dire individuare delle attività a cui dedicarsi quando ci si rende conto che i livelli di tensione e preoccupazione aumentano. Ovviamente, si deve trattare di attività non direttamente correlate al lavoro e che devono essere fonte di piacere. Lo sport, per esempio, è una soluzione ottimale per entrare in contatto con delle sensazioni positive, anche perché fa sì che la mente si possa estraniare dagli eccessi di ansia, attraverso una focalizzazione sull'attività sportiva e sul benessere che la stessa produce sul proprio corpo. Lo yoga è un altro esempio che si può menzionare, ma lo stesso dicasi per gli esercizi di controllo della respirazione e per le attività di meditazione: tutto ciò permette di affrontare le emozioni in maniera più serena e, al tempo stesso, aiuta a gestirle con un approccio più funzionale.

È sempre possibile far fronte a una situazione di questo tipo da soli?

Se il livello d'intensità dello stato di ansia che proviamo ci invalida nella vita di tutti i giorni e nello svolgimento delle nostre normali attività, può risultare complesso affrontare il problema senza un aiuto esterno, anche perché ci si può ritrovare alle prese con difficoltà di azione o anche solo di pensiero. Se ci si accorge di non farcela, vale la pena rivolgersi a uno psicologo psicoterapeuta, pronto a fornire tutto il supporto necessario per perseguire l’obiettivo che ci si propone di raggiungere. Il compito di uno specialista è quello di garantire, prima di tutto, un approccio comprensivo nei confronti del problema che viene illustrato, così da offrire il sostegno necessario. Una volta che il disagio è stato ben inquadrato, sarà possibile individuare i fattori che lo mantengono e che, in sostanza, fanno sì che non si riesca a superarlo senza aiuti esterni. Infine, si metterà a punto il miglior percorso terapeutico possibile.

Che condotte è necessario mettere in pratica?

La paura del fallimento e delle critiche devono, per quanto possibile, essere ridimensionate. Se si è preoccupati per il lavoro, in particolare, ciò che serve è focalizzarsi sulle risorse disponibili e gli aspetti positivi: per esempio, sui comportamenti che possono garantire ottime probabilità di successo. Un altro elemento importante consiste nel crearsi delle strade alternative rispetto al lavoro che si svolge al momento, sulla base sia di ciò che il mercato del lavoro propone, che delle proprie competenze (quelle già presenti e quelle potenziabili) e delle aspirazioni personali.

Qual è il ruolo delle emozioni?

Le emozioni che si provano devono essere ascoltate, comprese profondamente e considerate come un segnale che aiuti a capire con più facilità quello che ci sta accadendo. In sostanza, è come avere a che fare con un feedback che permette di ricavare dei consigli a proposito dei comportamenti che dovranno essere messi in atto o delle decisioni da prendere. Al contrario, è bene non commettere lo sbaglio di pensare alle emozioni come alla causa delle proprie ansie. In sostanza, è bene affrontare e ascoltare il proprio sentire e le proprie emozioni per scoprire, in seconda battuta, le nostre credenze e i nostri valori, da cui farci guidare.

Ci sono altri comportamenti consigliabili?

Lo sviluppo di un certo senso di appartenenza alla comunità è un fattore di grande importanza, anche perché permette di investire sui rapporti sociali che sono stati instaurati con gli altri. In termini pratici, vale la pena prendere parte ad attività caratterizzate da un interesse collettivo, proprio perché queste aiutano a vivere un sentimento di appartenenza che non ha niente a che vedere con il lavoro e che permette di assecondare delle esigenze individuali che, in caso contrario, non potrebbero essere soddisfatte.

Come si affronta il malessere causato dal lavoro?

Può essere utile cominciare a riflettere sul modo in cui si ragiona e sui propri atteggiamenti, anche per capire se sono correlati in qualche modo con il malessere che si sta vivendo. Infatti, in molti casi, la causa della sofferenza non va identificata tanto nella situazione in sé, che magari non è eccessivamente negativa, quanto nel significato che a essa viene attribuito, e, di conseguenza, nei ragionamenti su cui si basa la sua valutazione. In tal senso, è opportuno domandarsi quale sia la più profonda minaccia che si percepisce, e al tempo stesso trovare le credenze di base che collidono con la situazione in cui ci si trova. Una volta individuate queste credenze, sarà bene metterle in discussione, anche per conoscere le loro origini. Non è detto che tutte le credenze debbano essere riviste: alcune, infatti, possono essere ancora utili. Ma le altre vanno modificate, in una prospettiva di funzionalità, di benessere e di crescita personale.

Che cosa si può fare per accettare la realtà?

Le incertezze e le ingiustizie a volte non vengono tollerate dalle persone. Invece, può essere consigliabile accettare la realtà per come si presenta, cercando di non contrastare a tutti i costi il cambiamento. La percezione di ingiustizia o di incertezza in relazione a una particolare situazione può essere fonte di rabbia o di ansia in molte persone: emozioni che risultano complicate da gestire, e che vengono affrontate in maniera ostinata, anche se in realtà una condotta di questo tipo è controproducente, o comunque non è funzionale a se stessi. Infine, l’ultimo suggerimento che mi sento di dare è quello di provare a capire quando preoccuparsi per il lavoro è davvero necessario e quando, invece, non è utile. Riuscire a comprendere, attraversare e superare in modo concreto le inquietudini che si sperimentano nel corso della nostra vita aiuta a dire addio alle convinzioni sbagliate che puntellano il disagio personale.

La dottoressa Maria Vittoria Montano è psicologa e psicoterapeuta a Pescara e Giulianova, iscritta all’Ordine degli Psicologi della Regione Abruzzo. Nel corso della propria formazione universitaria, ha avuto modo di sperimentare il notevole valore trasformativo e la ricchezza dei contenuti che caratterizzano la psicologia analitica junghiana. Dopo la specializzazione quadriennale in psicoterapia, ha conseguito un master di II livello in ipnosi ericksoniana. Infine, ha approfondito la propria formazione in Psicologia Giuridica e Psicopatologia Forense perfezionandosi presso l’AIPG, l’Associazione Italiana di Psicologia Giuridica.

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